IL MATRIMONIO: PRELUDIO O EPILOGO?

… Tutta la famiglia era in subbuglio, sembrava che quel matrimonio fosse l’evento del secolo e che ogni cosa dovesse essere perfetta: l’allestimento floreale, il ricevimento, l’intrattenimento musicale, gli abiti degli sposi e quelli degli invitati, il servizio fotografico, la location… C’erano sempre mille cosa da fare e a cui pensare, ma lei ogni tanto si domandava dov’era finito il vero motivo per cui avevano scelto di sposarsi. In qualche modo le sembrava che gli altri, con il loro entusiasmo, li stessero espropriando di qualcosa di intimo e privato…

… Era una scelta ponderata, a cui erano giunti insieme. Anni di relazione, di fidanzamento, la ricerca della casa adeguata… e poi? Era sembrato logico decidere di sposarsi. Eppure… lui provava una sorta d’inquietudine all’idea del matrimonio. Gli sembrava qualcosa di talmente definitivo che finiva ad assomigliare più alla tomba di una relazione che a una culla portatrice di vita. Naturalmente, di queste cose non parlava con nessuno. Del resto, cosa avrebbe potuto dire? Non lo sapeva nemmeno lui cosa lo spaventava.

Dopo un periodo più o meno lungo di frequentazione, dopo aver scoperto una sufficiente affinità con il proprio partner, sia a livello sessuale che intellettuale, dopo aver consolidato interessi comuni e aver intrecciato un certo numero di amicizie di coppia, spesso si decide di iniziare una convivenza oppure di sposarsi. Ma il “vissero per sempre felici e contenti” delle favole fa pensare più a un epilogo sul quale non c’è più niente di interessante da narrare piuttosto che al preludio di nuove e mirabolanti avventure dei due amanti… E allora? Il matrimonio è davvero “la tomba dell’amore” come lapidariamente descritto dall’arcinoto aforisma dello scrittore Moritz Gottlieb Saphir? Come si può inquadrare quella sottile inquietudine venata di perplessità che prova il “lui” della seconda scena riportata più sopra? Secondo Bauman (2006) il matrimonio “è l’accettazione della consequenzialità che gli incontri casuali si rifiutano di accettare…” (p. 72), vale a dire che contrarre matrimonio significa cercare di allontanare l’incertezza e basare la vita di coppia su un vincolo certo: quello di stare insieme. Se gli “incontri casuali” offrono piacere immediato, eccitazione, novità e divertimento, non riescono, però, a tenere a bada l’incertezza; per dirla prendendo in prestito le parole di Bauman, essi sono “effimeri” e questo li rende incerti. Il matrimonio offre, invece, almeno un’ancora di solidità, a patto di accettare le conseguenze dello stare insieme continuativamente, offrendosi a vicenda lealtà e rispetto. Secondo Whitaker (1990) il matrimonio è, o meglio, dovrebbe essere, un modello adulto di intimità, calibrato su un delicato equilibrio di unione e separazione, in cui c’è spazio per la coppia ma in cui il singolo non deve venire inghiottito. Secondo Scabini e Cigoli (2000), il matrimonio si fonda su un patto esplicito, che può incoraggiare lo sviluppo e la rigenerazione della relazione e su un patto segreto, di cui i due membri della coppia non sono consapevoli, ma che è formato dai bisogni, dalle aspettative e dalle speranze che i due partner si portano dietro dalla loro vita antecedente all’inizio della relazione romantica. Se questi due patti, uno sociale e manifesto e l’altro intimo e invisibile, non combaciano almeno parzialmente e non sono flessibili, la coppia potrebbe non riuscire a fronteggiare in maniera efficace le eventuali crisi a cui potrebbe andare incontro nel corso del tempo. La flessibilità e la creatività hanno entrambe un ruolo importante nella “tenuta” di un matrimonio, così come la capacità di accettare ambiguità e imprevisti. In un certo senso, allora, l’espressione “E vissero per sempre felici e contenti” fa giustamente pensare a un epilogo in cui niente più c’è da dire, ma non deve attagliarsi a una storia d’amore, a una relazione di coppia che, per mantenersi vitale, ha bisogno di cambiare, di evolvere, di andare oltre. Il compito dei due coniugi è, quindi, quello di “rilanciare la coniugalità”, per dirla con Scabini e Cigoli (2000), di trovare nuovi obiettivi, di riscoprirsi partner giorno dopo giorno. Neanche il matrimonio, dunque, ha il potere di bandire ogni incertezza, ma può avere la capacità di gestire l’inatteso e il perturbante. Del resto, la sparizione di ogni incertezza, di ogni ombra futura sarebbe realmente “la tomba dell’amore”, perché significherebbe immobilità, azzeramento del tempo e del cambiamento.

Nella prima scena riportata all’inizio di quest’articolo una “lei” tutta presa dalla folle girandola dei preparativi per l’imminente cerimonia si chiede quasi di sfuggita se tutto “l’apparato scenico” legato alla cerimonia di nozze e l’entusiasmo manifestato dalle famiglie dei futuri sposi non stia espropriando la coppia di un legittimo desiderio di intimità. In effetti, nella nostra società spesso il giorno del matrimonio spesso finisce per assomigliare più a uno spettacolo teatrale brillantemente allestito piuttosto che a un rito intimo che riguarda due persone che hanno scelto di condividere la loro vita.

Preludio di una solida storia o epilogo di una relazione che ha avuto il suo apice prima delle nozze? Dipende dalle motivazioni che spingono i due membri della coppia verso questa scelta.

La terapia sistemico-familiare offre la possibilità alle coppie in crisi di ripensare la propria storia e riscrivere il proprio futuro quando se ne sente l’esigenza.

Riferimenti bibliografici:

Bauman, Z. (2006). Amore Liquido. Bari – Roma: Editori Laterza.

Scabini, E. e Cigoli, V., (2000), Il famigliare. Legami, simboli e transizioni. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Whitaker, C.A., (1990), Considerazioni Notturne di un terapeuta della famiglia  Roma: Astrolabio – Ubaldini.

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