I FIGLI E LE ASPETTATIVE DEI GENITORI

Non aveva potuto continuare gli studi come le sarebbe piaciuto perché in casa c’erano pochi soldi e dopo la scuola dell’obbligo aveva dovuto cercarsi un impiego per dare una mano a far quadrare i conti della famiglia. Tutto sommato, non aveva troppi rimpianti e riteneva di aver fatto la scelta giusta, ma per sua figlia desiderava un futuro diverso, migliore. Se la immaginava già grande, affermata, sicura ed elegante. Un avvocato o un architetto. O un medico, magari. Avrebbe avuto una bella casa, un guardaroba adeguato, la possibilità di trascorrere le vacanze in luoghi da sogno, soldi da spendere e un marito che la rispettava. Di sicuro non avrebbe permesso che sua figlia lasciasse la scuola: l’avrebbe fatta studiare affinché si facesse una posizione…

… Tutto ciò che aveva creato l’aveva fatto per lui, suo figlio. Il suo erede. Aveva studiato con tenacia, aveva aperto il suo studio e perseguito il successo con una protervia che qualche volta l’aveva fatto passare per ossessionato agli occhi di amici e parenti, ma non gli era mai importato nulla. L’aveva fatto per suo figlio, per lasciargli una posizione da cui partire per poter raggiungere mete ancora più elevate. Suo figlio era destinato a un grande avvenire e così i figli che avrebbe avuto. Avrebbe dato vita a una dinastia di successo….

Durante i mesi di gestazione la coppia di futuri genitori sogna il “bambino che verrà”, ne tratteggia i lineamenti (“somiglierà più a te o più a me?”, “avrà gli occhi azzurri di mio fratello o quelli nocciola di tua sorella?”), ne dipinge i colori, ne misura l’altezza e ne scruta da lontano il sorriso, immaginando di poterlo già cullare tra le braccia e sondarne pensieri e sentimenti. Nello stesso tempo i futuri genitori fanno del loro meglio per tenere a bada ansia e timori legati a eventuali imperfezioni fisiche o disabilità paventate, sottoponendo il feto agli esami diagnostici pre-nascita disponibili. Le aspettative sul piccolo essere che sta per venire al mondo sono dunque moltissime e si moltiplicano in maniera esponenziale se si pensa non soltanto a quelle dei genitori, ma anche a quelle dei membri delle famiglie di origine della coppia (genitori, fratelli, sorelle, zii, zie ecc.).

Ma come si può definire in questo caso una “aspettativa”? Si tratta della nostra attribuzione di desideri, caratteristiche, bisogni, pensieri e idee a qualcun altro, come se realmente gli appartenessero, in questo caso al figlio che nascerà. Si tratta, quindi, di una proiezione di qualcosa di nostro e che fa parte di noi, sull’altro: il bambino, appunto. Spesso le aspettative che nutriamo nei confronti di un figlio sono inconsce: non ci rendiamo realmente conto che quello che ci sta muovendo in realtà è il nostro passato e non il futuro di nostro figlio, del quale oggettivamente non ci è dato di sapere niente. Vorremmo evitare al nostro bambino le brutte esperienze e gli sbagli nei quali siamo incappati noi, affinché non soffra quello che noi abbiamo sofferto e tuttavia, non sappiamo davvero quale sarà il suo percorso, che scelte farà e quali difficili decisioni si troverà a dover prendere.

Ma le aspettative dei genitori e della famiglia in generale influiscono sullo sviluppo della personalità del bambino? Sì, possono influenzare lo sviluppo della personalità anche in maniera notevole. Il bambino, infatti, fin da piccolo, ricerca non soltanto la vicinanza e l’affetto degli adulti che si prendono cura di lui, ma anche la loro approvazione. Il bambino cerca un rispecchiamento dei propri comportamenti e dei propri stati d’animo dalle figure di accudimento principali: fondamentali nel primo sviluppo quelle sintonizzazioni affettive di cui parla Daniel Stern (1987), attraverso le quali la madre e il figlio comunicano (non verbalmente) “sintonizzando” il proprio comportamento, imitandosi a vicenda e introducendo piccole “variazioni sul tema”. Il bambino ha bisogno di essere “rispecchiato” dagli adulti che si prendono cura di lui per comprendere i propri stati d’animo, le proprie sensazioni e le proprie emozioni, per poi in seguito imparare il loro significato, a esprimerli, a verbalizzarli e a gestirli in maniera funzionale e adattiva. D’altro canto, se, invece, il bambino, per sentirsi amato e accettato, impara a fungere da specchio alle aspettative genitoriali, svilupperà una personalità compiacente, che risponde alle aspettative esterne più che ai desideri e ai bisogni interni e non esprimerà o, comunque non esprimerà totalmente, ciò che realmente prova e desidera, imparando a imbottigliare, a non far venire a galla emozioni negative che potrebbero suscitare biasimo o disapprovazione. Da adulto potrebbe finire per scegliere un corso di studi o un lavoro non confacenti alle proprie inclinazioni personali soltanto perché “sente” che questo è ciò che la famiglia si aspetta da lui; oppure potrebbe scegliere un partner che i genitori riterrebbero “idoneo”, senza tener debitamente in conto i propri sentimenti e il proprio trasporto emotivo e affettivo.

Le aspettative genitoriali nei confronti di un figlio che sta per venire al mondo possono essere rilette, ripensate ed elaborate all’interno di un percorso per la coppia con un professionista qualificato che sappia contenere le ansie e i timori dei futuri genitori e che stimoli l’approfondimento consapevole delle dinamiche dei due membri della coppia con le rispettive famiglie d’origine, nell’ottica di una narrazione alternativa del proprio passato.

Riferimenti Bibliografici:

Calcinai, B. & Savelli, L. (2021). Pensieri quasi quotidiani di una Psicologa sulla famiglia. Wondermark (reperibile su Amazon).

Stern, D. (1987). Il mondo interpersonale del bambino. Torino: Bollati Boringhieri.

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