Amore e Morte

Orfeo era figlio di Eagro, re di Tracia, e di Calliope, musa della poesia epica ed aveva il dono di toccare in profondità tutti i cuori con la bellezza del suo canto struggente, accompagnato dal suono della lira, che abilmente sapeva suonare. Non c’era essere umano, divinità o fiera che non rimanesse ammaliato dal canto magico di Orfeo: persino gli alberi e le pietre s’intenerivano alla sua musica! Ma anche Orfeo cadde preda di una malia, s’innamorò, infatti, della bella Euridice, che ahimè, morirà giovanissima, morsa da un serpente velenoso. Allora Orfeo, sposo inconsolabile, con la sua lira andava vagando e cantando poesie struggenti sul suo perduto amore. Fu così che giunse alle porte di Dite, l’antro spaventoso dell’Oltretomba e da lì discese agli inferi, in cerca della sua amata. Tutte le ombre dei defunti si assiepavano intorno a Orfeo e alla sua lira, incantate dal suo canto. S’incantano i defunti, ma si lascia ammaliare anche Cerbero, guardiano dell’Ade, e Proserpina, regina degli Inferi, commossa, concede al devoto Orfeo di riportare alla luce la sua amata. Unica condizione: non voltarsi indietro finché non sono usciti dall’Ade. Orfeo promette ma non mantiene perché la follia amorosa l’ha irretito… si volta! Euridice, tendendo le mani impotente svanisce come fumo, lasciando lo sposo inconsolabile per sette lunghi mesi, al termine dei quali troverà, infine, la morte.

Orfeo e Euridice rappresentano la coppia all’inizio della loro storia, quando il legame relazionale si sta formando e la “follia amorosa” è alla sua acme. Si amano, si sposano. Ma invece del lieto fine che si aspettano, la morte (insensata e repentina) coglie Euridice nel fiore degli anni, lasciando il giovanissimo sposo, disperato e inconsolabile. La discesa nell’Ade dell’eroe – poeta è quanto di più suggestivo e struggente si possa immaginare. Orfeo canta il suo amore e il suo dolore con tutto il trasporto di cui è capace e riesce a muovere a compassione anche gli dèi inferi che, impietositi dalla sua sofferenza, decidono di restituirgli la consorte defunta. Ma l’amore è follia e il desiderio di rivedere il volto amato è talmente potente che Orfeo, infrangendo la promessa, si volta indietro e perde Euridice una seconda volta. Per sempre.

Quali riflessioni sul legame tra amore e morte ci suscita questo famoso mito greco?

Innanzitutto, che “amore” e “morte” hanno qualcosa in comune, il cuore della parola, mor”, che ce li fa vedere come allo specchio: l’amore e la morte sono capaci di suscitare profonde e intense emozioni, anche se di senso opposto. Ci si strugge d’amore, ma ci si strugge di nostalgia per l’oggetto amato e perduto. L’amore ammalia e seduce, è potente e meraviglioso, riempie di energia e di gioia, dall’oggetto d’amore s’irradia a tutto il mondo, colorando ogni cosa di sé. La morte incute terror panico e inquietudine, fa provare rabbia e dolore, colorando di nero tutto il mondo.

Nel mito di Orfeo e Euridice l’amore e la morte s’incontrano e intrecciano una danza: quella del letto. Elaborare il lutto dopo un evento critico e perturbante come la scomparsa di un partner in giovane età, può essere difficile e doloroso. Orfeo, infatti, non si dà pace e scende addirittura nell’Oltretomba per riprendersi la compagna; il fallimento, però, è dietro l’angolo: non è dato di tornare dalla morte, nemmeno quando gli dèi lo concedono in dono. Non esistono scorciatoie al dolore, che va vissuto nella sua piena travolgente, accolto senza giudizio, affinché, con il tempo si trasformi in quella sottile, ma dolce nostalgia che accompagna i ricordi più cari di tutta una vita.

Imparare a lasciar andare è inizialmente penoso. C’è il rifiuto, la paura di perdere un bene prezioso che mai più tornerà, la rabbia di dover affrontare qualcosa che viviamo come profondamente ingiusto; eppure, la strada è quella dell’accettazione, della rielaborazione dell’evento e della nostra storia, per tornare a godere pienamente dell’esistenza che, per chi è rimasto, continua a scorrere.

Ma la storia di Orfeo la si può leggere anche in altro modo: il lutto, infatti, può riguardare anche un divorzio, una storia che è finita, un allontanamento forzato dal partner con cui pensavamo di trascorrere tutta la vita. Saper lasciar andare ciò che non fa più per noi, che non ci rende più felici è importante, è necessario per dischiudersi nuovamente alle opportunità che l’esistenza ci offre. Rimanere aggrappati con caparbietà a un ricordo, a un’idea o a un’illusione potrà portare soltanto altro dolore, rammarico e rabbia, impedendoci di evolvere, di crescere, di trovare un nuovo posto, a noi più confacente, nel mondo.

Se il lutto persiste per più di 6 mesi potrebbe evolvere in lutto complicato e potrebbe essere necessario rivolgersi a un terapeuta per riattivare il processo evolutivo.

Riferimento bibliografico:

Giuseppe Zanetti (a cura di), Miti greci, Milano, Bur, 2018.

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