La veemenza dell’invidia

…. Medusa era una bellissima fanciulla, figlia di due divinità del mare, Forco e Ceto. Aveva due sorelle, Steno ed Euriale, anch’esse molto avvenenti, ma, a differenza sua, immortali. La bellissima Medusa conduceva la sua vita in pace e tranquillità, godendo del mondo marino e vivendo in armonia con i suoi abitanti. Un giorno, Poseidone, il dio degli oceani, la vide e fu preso da una bruciante passione per quella aggraziata creatura marina. Invano la giovane Medusa tentò in ogni modo di resistere agli assalti del dio: niente poteva contro l’accecante passione di Poseidone. Credette di essere salva rifugiandosi in un tempio consacrato ad Atena, ma così non fu. Poseidone la prese con la forza e giacque con lei. Atena, furiosa per la profanazione del suo sacro tempio e per la straordinaria bellezza della fanciulla, la punì trasformandola in un mostro con la chioma fatta di serpenti e lo sguardo in grado di pietrificare le sue vittime.

Questa prima parte, forse meno conosciuta, del mito di Medea, viene talvolta citata all’interno di scritti o discorsi sulla violenza perpetrata contro le donne; in questa sede, però, il mito ci serve come spunto per parlare dell’invidia, emozione forte e accecante quanto l’amore, ma sorella dell’odio. Implacabile e irrazionale, l’invidia ci colpisce con furia cieca, nell’intento di annientare l’oggetto da cui è ossessionata. Strettamente legata anche alla gelosia, l’invidia può essere potente come l’amore.

“L’odio è come una pianta velenosa. Lasciate che metta radici dentro di voi e ne sarete consumati lentamente, oltre a contaminare tutto quello che toccate […] Il fatto che l’odio sia giustificato e comprensibile […] non migliora le cose. Avere dentro di sé un’emozione così brutale è in ogni caso una violenza contro se stessi.” Questo ci dicono Berthoud ed Elderkin sull’odio nel loro arguto libro sui rimedi letterari (2019, p. 460 – 461), ma possiamo benissimo adattare queste parole anche all’invidia. La dea Atena, divinità generalmente associata alla saggezza, punisce l’innocente Medusa perché troppo bella… quasi fosse colpa della sua avvenenza se Poseidone si è invaghito di lei e la stupra in un luogo sacro. L’invidia feroce per qualcuno che è più bravo, più bello, più ricco ecc. ci fa condannare la vittima (“se non avesse sbandierato davanti a tutti la sua ricchezza, non avrebbe subito il furto in casa”; “quelli che hanno tutto sarebbero da prendere a schiaffi per la fortuna che hanno!”; “Sarà anche bella, ma certamente è un’oca”), la cui unica colpa è possedere qualcosa che anche noi desideriamo e riteniamo di meritare. L’invidia può diventare un’ossessione, proprio come l’amore. E come l’amore e l’odio, può essere “furiosa”, nel senso che toglie il “senno” proprio come l’amore e l’odio (vi ricordate l’”Olando Furioso” di Ariosto?) e spinge ad agire impetuosamente. Quello che accade, però, è che in realtà l’invidia colpisce noi in prims! Come? Molto semplicemente perché finiamo per profondere tutte le nostre energie soltanto verso l’oggetto della nostra invidia, che è anche l’oggetto della nostra ammirazione. Per esempio, se siamo invidiosi di un collega che ci sembra che venga favorito dal datore di lavoro a scapito nostro, perderemo un sacco di tempo e di risorse nell’osservare ciò che fa, nel cercare di metterlo in cattiva luce, ecc. Allo stesso modo, se siamo invidiosi di un rivale in amore, ne spieremo le mosse, ne copieremo magari l’abbigliamento o l’atteggiamento, nella speranza di venire notati. Sprecando le nostre energie e le nostre risorse verso l’altro che invidiamo, togliamo, però, energie e risorse da noi stessi: non cerchiamo di valorizzarci per ciò che realmente siamo, né ci stiamo davvero migliorando.

La prima cosa da fare, allora, è puntare di nuovo l’attenzione su di noi e su chi realmente desideriamo essere.

In caso di forte disagio e sofferenza, è opportuno rivolgersi a un professionista qualificato, per riallacciare la trama della nostra esistenza.

Riferimento bibliografico:

Berthoud, E. & Elderkin, S. (2016), Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno, Palermo, Sellerio.

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