Stili educativi a confronto
L’ educazione può essere differente da famiglia a famiglia, può differire per radici, per cultura, per religione e tanto altro. In generale, i metodi educativi possono essere classificati in tre filoni principali a cui fanno poi riferimento , tutta una serie di metodologie attuate .
L’autorità protegge i bambini. Disporre di un sistema di regole coerenti a cui fare riferimento, è fondamentale , guida e sostiene. Il criterio di giustizia, si fa strada via via che il bambino cresce, prende sempre piu’ campo e si rafforza .
Se da un lato con la crescita il bambino comprende l’importanza delle regole , dall’altro aumenta la necessità di metterle in discussione per sperimentare il proprio bisogno di indipendenza.
Lo stile educativo che si basa solo sul rispetto delle regole è quello Autoritario. E’ il metodo che prevede rigore, forza e disciplina e lascia poco spazio al dialogo ed al confronto.
Per contrastarlo, è nato come movimento opposto, il metodo che ha come base l’Iperprotezionismo. Di solito, viene attuato in quelle situazioni i cui genitori sono cresciuti con il metodo autoritario. I genitori cedono alle continue richieste del figlio per timore di essere rifiutati ed non accettati.
Come destreggiarsi in tutto questo ? I figli cercano autonomia oppure desiderano essere protetti ?
Il terzo metodo detto misto è il risultato della combinazione dei due precedenti .
A prescindere dal metodo educativo adottato ci sono una serie di segnali che i figli inviano nella relazione con i genitori e di di fronte ai comportamenti problematici dei figli i genitori possono reagire in vari modi.
La provocazione ne è un esempio . Cos’è e che significato ha nella relazione ?
Secondo Rosa Angela Fabio, e’ una richiesta di attenzione e di aiuto. Nella relazione, occorre quindi saper ascoltare, riconoscere i bisogni dei bambini, ma soprattutto comunicare in modo empatico, le proprie emozioni. Dietro un comportamento provocatorio , c’è uno stato di tensione che viene attivato, al fine di ottenere una scarica per ridurre la tensione provocata . Può accadere , anche, che il comportamento provocatorio venga in qualche modo rinforzato da un atteggiamento sbagliato da parte dei genitori ed il bambino. possa arrivare a pensare di ottenere, attraverso la provocazione, quello che vuole.
La domanda che ci dobbiamo porre di fronte all’atteggiamento provocatorio, è quella di capire cosa nostro figlio ci vuole trasmettere e qual’è il messaggio comunicativo che si cela dietro quel comportamento.
Secondo l’autrice, due sono i metodi che possono essere attuati di fronte ad un atteggiamento problematico:
– l’estinzione: consiste nel ignorare un comportamento. Un comportamento ignorato ne diminuisce la sua frequenza . È difficile da attuare perché ne confronti dei nostri figli siamo molto coinvolti emotivamente. Il problema opposto potrebbe, essere la mancanza di interesse che il bambino può percepire perché ignorato.
– La punizione: deve essere attivata tutte le volte che l’estinzione non può essere messa in atto perché i comportamenti dei bambini possono avere delle conseguenze anche sugli altri. La punizione ha quindi , un’azione diretta sulla diminuzione della frequenza del comportamento, ed è soggettiva, ed interpretata in base alla propria personalità.
La punizione ha degli effetti e produce conseguenze:
– Reazioni emozionali e aggressive: purtroppo qualche volta la punizione può evocare nel soggetto che la riceve reazioni emozionali o aggressive come la distruzione di materiali o oggetti presenti o l’aggressione a persone.
– Fuga e evitamento: sono reazioni naturali alla stimolazione avversiva. Il soggetto può iniziare ad evitare l’ambiente dove ha ricevuto l’evento punitivo o addirittura la persona che l’ha emesso
– Contrasto comportamentale: può avvenire come funzione di un cambiamento nella densità di rinforzamento o di punizione su una componente di una precisa situazione X.
Le minacce
Sono molti i genitori che basano la loro educazione sulle minacce. Molto presto, però, i figli si rendono conto che i genitori più promettono e minacciano, meno mantengono. Ciò fa perdere loro il rispetto dell’autorità, anche se li vedono completamente arrabbiati e infastiditi. Ciò accade perché le minacce non sono effettivamente reali: vale a dire, sono difficili da applicare e non possono quasi mai venire messe in pratica.
Invece di adottare questo genere di educazione, è meglio che i genitori sviluppino altre tecniche o strategie educative.
Il time out :
Quando la situazione diventa ingestibile si impone il momento del Time out: il bambino deve andare in camera sua o in un luogo prestabilito (che deve essere ‘noioso’ e lontano da distrazioni) dove trascorrerà un certo periodo di tempo a ‘sbollire’ la rabbia e per riflettere sulle sue emozioni. Nel frattempo anche il genitore recupererà fiato e serenità.
Il rinforzo invece è quello strumento che permette di aumentare la frequenza dei comportamenti ritenuti positivi da parte dei genitori, consente quindi , di raggiungere degli obiettivi importanti per l’ educazione dei nostri figli.
Questi sono solo dei suggerimenti che per essere funzionali devono essere applicati all’interno di una relazione costruita con il proprio figlio che si basi sul rispetto reciproco e sulla tolleranza della diversità, occorre creare uno spazio comune dove ogni membro della famiglia possa definirsi e nel frattempo accettare l’altro, comunicando serenamente l’emozione provata.
I figli hanno bisogno di essere ascoltati e compresi. Il dialogo e la comunicazione dovrebbero essere alla base di ogni metodo educativo che permetta lo spazio personale ad ognuno di manifestare se stesso ed i propri bisogni .
Per ascolto non intendiamo un ascolto frettoloso, ma un ascolto attento e dedicato a ciò che viene detto senza fare altre attività in contemporanea.
“ Per creare un clima favorevole bisogna in primo luogo ascolane e solo se ci si sente ascoltati si è indotti a parlare “
Dott.ssa Barbara Calcinai Psicologa
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