Arfid: disturbo da alimentazione selettiva

Infanzia ed alimentazione selettiva

 L ‘alimentazione selettiva indica il comportamento di quei bambini che prediligono 3/ 4 alimenti soltanto; si caratterizza per il rifiuto di mangiare nuovi cibi ed assaggiare nuovi piatti e l’assaggio di nuove pietanze può essere associato anche a vomito. In alcuni casi il comportamento può estinguersi spontaneamente oppure diventare un vero e proprio disturbo alimentare, le cui cause sono molteplici: fattori di natura sociale, psicologica e biologica.  È un disturbo frequente nella prima infanzia, soprattutto nei primi 10 anni di vita. È un disturbo diverso dall’anoressia nervosa poiché non è associato alla necessità di perdere peso. Alcune volte può insorgere dopo un’esperienza traumatica associata al cibo, come un boccone andato di traverso.

In altri casi possono essere gli esempi dei genitori “disfunzionali”, tanto da creare delle errate abitudini; spesso sono gli atteggiamenti “ansiogeni” dei genitori che condizionano il momento dei pasti e la scelta di pochi alimenti conosciuti può avere nei bambini un effetto rassicurante. Una volta escluse cause organiche, il disturbo indica difficoltà relazionali e psicologiche. In generale la capacità di alimentarsi in modo sano ha origine nella relazione con “colei” o “colui” che si prendono cura dei propri figli. Attraverso il comportamento restrittivo i bambini cercano di placare il loro disagio interno ed una tensione emotiva importante.

La massima attenzione deve essere posta se associato ad un atteggiamento restrittivo si manifesta anche un vistoso calo ponderale con il rischio di compromettere lo sviluppo psicofisico del bambino. Tre possono essere i comportamenti attuati in corso di disturbo:

  1. Apparente mancanza d’interesse per il mangiare o per il cibo: le emozioni interferiscono con il cibo. Sono quei bambini che, se tristi e/o preoccupati non mangiano; oppure si dimenticano di mangiare.
  2. Evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali del cibo: gli alimenti vengono differenziati sulla base delle caratteristiche evidenti (colore, odore ecc.). Ad esempio, si tratta di bambini che mangiano solo cibi verdi, oppure gialli
  3. Preoccupazione relativa alle conseguenze negative del mangiare: timore di provare e subire conseguenze successive all’introduzione degli alimenti. Per esempio, paura di vomitare, oppure di soffocare.

I genitori possono sentirsi frustrati ed emotivamente provati ma occorre avere alcune attenzioni: il cibo non dovrebbe essere usato né come premio né come punizione.

Se il momento del pasto diventa una costante battaglia ed è una sfida continua con conseguenze sulla relazione genitori – figli, forse è il caso di rivolgersi ad un professionista.

Il figlio è amato lo stesso anche se mangia poco: rassicuratelo! Cercate di far esprimere al bambino le proprie emozioni. Cercate di essere di esempio per una sana e buona alimentazione. Offrite momenti di creatività legati all’alimentazione: momenti per fare qualcosa insieme e di piacevole. E se avete necessità chiedete aiuto!