DANAE E LA VIOLENZA

Acrisio, re di Argo e sua moglie Euridice avevano soltanto una figlia femmina perché, pur desiderando molto un figlio maschio, non erano mai riusciti ad averlo. La bambina, di nome Danae, cresceva bella e sana, così i suoi genitori, a consolazione di non poter avere un figlio maschio, decisero di consultare un potente oracolo, nella speranza che prevedesse per la figlia un destino splendido. Quale non fu la loro delusione e il loro dolore quando l’oracolo profetizzò al re che sarebbe morto per mano del nipote! Addolorati e preoccupati, Acrisio ed Euridice tornarono immediatamente alla reggia e fecero rinchiudere Danae in una torre alta e inespugnabile, sicuri che così rinchiusa la ragazza non sarebbe riuscita a mettere al mondo nessun figlio. Il re e la regina, però, non avevano fatto i conti con l’ingegno degli dei! Danae, infatti, era diventata una splendida fanciulla che, annoiandosi spesso così rinchiusa nelle poche stanze della torre, si affacciava spesso alla finestra contemplando l’orizzonte e sospirando per la sua infelicità. Fu così che Zeus la vide e fu preso da folle amore per lei, nonostante la sapesse prigioniera. Succube del proprio desiderio carnale che non sapeva frenare, il re degli dei si trasformò in una pioggia d’oro tramite la quale riuscì a fare il suo ingresso nella torre e a ingravidare l’ignara fanciulla.

Il famoso mito di Danae narrato da Ovidio nelle sue Metamorfosi e tanto amato dai pittori del Rinascimento, può essere letto e interpretato a più livelli, ma tutti rimandano alla violenza che quotidianamente le donne subivano nell’antichità e che, in molti casi, subiscono ancora oggi. Partiamo dall’inizio: Danae nasce in una famiglia in cui i maschi sono ritenuti “migliori” delle femmine e portatori di maggior valore; un maschio, infatti, ereditava il titolo e i beni dal padre; diventava il padrone dei possedimenti terrieri e aveva diritto di vita e di morte sugli schiavi di sua proprietà. Danae è una femmina e, come tale, ha valore soltanto in quanto “fattrice” di uomini sani e valorosi: anche la sua avvenenza è legata a questo ruolo, più è bella e più riuscirà ad attirare uomini ricchi e potenti. Poi cosa accade? L’imprevisto: l’oracolo sentenzia che il figlio di Danae ucciderà il nonno. Senza nessuno scrupolo, il re Acrisio decide di richiudere la figlia nella torre affinché nessun uomo possa avere rapporti sessuali con lei. L’ultimo e il più crudele colpo del destino avviene con l’innamoramento di Zeus che, senza tenere in alcun conto i sentimenti della ragazza, abusa di lei e la mette incinta con un trucco. In tutta la sua vita fino al momento dello stupro, Danae non può prendere nemmeno una decisione che la riguardi.

Quante Danae vivono nel mondo ancora oggi? Ogni volta che una donna è costretta a sottostare ai desideri e alle necessità di un padre, di un fratello o di un marito, si rinnova una violenza, una forma di costrizione che non necessariamente sarà fisica ma che avrà forti ripercussioni sul suo benessere psicofisico e anche economico. Spesso ancora oggi le donne non sono e non si sentono libere, non soltanto dalla supremazia maschile, ma anche dai propri stessi preconcetti assimilati culturalmente durante lo sviluppo: “E’ normale che una donna non raggiunga l’orgasmo durante il primo rapporto sessuale”; “le donne nel sesso sono più passive degli uomini”; “Le donne sono meno portate degli uomini per i lavori manuali”; “le donne hanno bisogno di un uomo che le protegga”, “con la menopausa le donne non hanno più desideri sessuali” ecc. ecc. I pregiudizi e gli stereotipi da abbattere sono ancora molti e, purtroppo, tanti di essi affliggono anche le donne.

Si rivela urgente e necessario, dunque, anche a seguito dei tanti femminicidi perpetrati ai danni di donne più o meno giovani, nell’ultimo periodo, un cambio di rotta nell’educazione delle nuove generazioni; ma sarebbe opportuno anche un cambiamento di maggior respiro anche nella nostra cultura che, per quanto avanzata, è ancora ammantata da uno strato non troppo sottile di patriarcato, che tiene le donne a un “gradino più basso” sia nella vita privata che professionale.

La libertà parte dalla consapevolezza non soltanto di quanto ci è concesso fare, ma anche di quanto noi stesse ci concediamo di fare, pertanto, imparare a pensare “come una donna” è il nostro primo passo per affrancarci dal retaggio maschilista che ancora in parte ci tiene incatenate

Bibliografia:

Ovidio, Le metamorfosi (a cura di D. Catalli e A. Patrioli), IPP.

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