I GIOVANISSIMI E LE FIGURE DI RIFERIMENTO EXTRA FAMILIARI
… Quando non sapeva a chi rivolgersi, quando proprio sentiva che da sola non ce l’avrebbe fatta, lei cercava la sua insegnante di danza. Dora era giovane, aveva appena trent’anni e capiva cose che sua madre avrebbe faticato a comprendere, non per cattiva volontà, ma proprio perché era stata ragazza in un periodo molto diverso. Invece Dora intuiva subito. La stava ad ascoltare, la faceva parlare e prendeva tutto molto seriamente. Non le diceva mai che erano tutte sciocchezze da adolescenti, non le diceva di “svagarsi” o di pensare soltanto alla scuola, alle “cose serie”, come facevano gli altri adulti. Lei le era grata per quel suo restare in ascolto in maniera così attenta e delicata. La danza le piaceva e avrebbe voluto che diventasse qualcosa più di un hobby in futuro, ma più di tutto le piaceva parlare con Dora. Si rendeva conto che imparava molto da lei ed era sempre felice di andare a lezione, anche quando l’allenamento era particolarmente duro.
… Da grande, se avesse avuto fortuna oltre che il talento, avrebbe fatto il calciatore professionista. Fin da bambino tutto quello che sognava era tirare calci a un pallone, segnare goal stratosferici su rovesciate strepitose, mettere a segno rigori determinanti, gioire per la vittoria con i compagni di squadra. Cosa poteva esserci di più bello? Certo, era dura. Allenamenti e partite con il sole e con la pioggia, con il freddo e con il caldo, con il vento… con qualsiasi clima. Ma il Mister li sapeva motivare. Sempre. Li esortava, li incoraggiava, gli spiegava dove sbagliavano e li premiava quando ci mettevano tutto: gambe, cuore e testa. Si rendeva conto che stava imparando molto e non soltanto sul calcio, ma anche sulla vita perché sul campo si facevano tante esperienze diverse. E il Mister era la loro guida per orientarsi.
Quando si avvicinano all’adolescenza, negli anni della pubertà, i giovanissimi (che ormai non sono più bambini, ma non sono neanche “ragazzi”), iniziano a staccarsi dai genitori che fino ad allora sono stati il riferimento principale, la bussola che orientava ogni decisione e ogni aspetto importante della vita quotidiana. Norme, regole e consuetudini familiari sono state attese (o disattese) come le uniche possibili dal bambino per tutta l’infanzia. Già con l’ingresso nel mondo della scuola dell’obbligo il bambino comincia ad ampliare i propri orizzonti sociali, a doversi uniformare a nuove norme, a scoprire che esistono tanti tipi di famiglie e che la quotidianità viene scandita in maniera diversa da nucleo a nucleo, ma è soltanto con l’accesso a centri sportivi, culturali, artistici o anche religiosi che il preadolescente scopre nuove affiliazioni sulla base delle proprie inclinazioni e dei propri interessi e nuove, importanti figure di riferimento. I genitori non perdono mai, anche se a volte può sembrare il contrario, il loro status di “base sicura” principale per i figli in via di sviluppo, ma quando i bambini crescono cominciano ad esplorare il mondo e se stessi con maggior autonomia, e spesso trovano figure di riferimento adulte a cui rivolgersi negli insegnanti, negli allenatori, nei catechisti o in altri adulti spesso più giovani dei genitori, che diventano così un’ulteriore fonte di orientamento e crescita.
In questa fase dello sviluppo è molto importante che il preadolescente, alle prese con i repentini cambiamenti fisici e con i nuovi bisogni di autonomia e indipendenza che inizia a sperimentare, possa contare sul supporto di figure di riferimento esterne al nucleo familiare. In ambito sportivo, per esempio, il preadolescente si viene a confrontare non soltanto con il gruppo dei pari (la squadra), ma anche con l’allenatore, che assume il ruolo di leader, di guida, non soltanto per quanto riguarda la parte prettamente atletica dello sport, ma anche per ciò che concerne l’ambito relazionale. Un buon allenatore saprà, quindi, non soltanto insegnare le regole dello sport in questione e allenare adeguatamente i membri della squadra, ma saprà anche motivarli, spronarli, ascoltarli e criticarli in maniera costruttiva affinché migliorino e riescano a dare sempre il meglio di sé. Insegnerà la lealtà nei confronti del gruppo, l’importanza del fair play, la disciplina necessaria a raggiungere un obiettivo prestabilito e condiviso e molto altro. Lo sport e l’arte possono rivelarsi buone “palestre di vita” per i giovanissimi alla ricerca della propria identità perché offrono la possibilità di “mettersi in gioco” a vari livelli, di cimentarsi in rapporti personali simmetrici (il gruppo dei pari) e asimmetrici (l’allenatore, l’insegnante, il tutor ecc.), di maturare attraverso successi ed errori, di sperimentare la competizione e di cimentarsi nella gestione emotiva delle sconfitte e degli insuccessi, di scoprire inclinazioni e talenti extra scolastici che, in alcuni casi, possono essere coltivati fino a diventare delle professioni. Le figure di riferimento esterne alla famiglia possono rivestire per il preadolescente un’ancora per le sue insicurezze anche in ambiti che esulano dalla competenza specifica della figura; se dotati di calore umano ed empatia, infatti, allenatori, tutor e insegnanti possono diventare fonti di orientamento che vanno a integrare le risorse delle figure genitoriali. In una fase dello sviluppo dinamica e delicata come quella della pubertà e della prima adolescenza è importante per i giovanissimi poter contare anche su figure di riferimento “altre” per supporto e sostegno emotivo.
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