la consapevolezza dell’attimo

Razionalmente sapeva di non riuscire a godersi mai un momento delle sue lunghe e dense giornate. C’era sempre qualcosa da fare, qualcuno da vedere o da chiamare, un’incombenza di cui doversi occupare, ma, soprattutto, un’infinità di cose di cui le risultava impossibile non preoccuparsi. Sapeva anche che tutto ciò era fondamentalmente sbagliato, negativo, controproducente, eppure non poteva farci nulla. C’era come una molla che scattava dentro di lei appena si alzava la mattina e che la rendeva una specie di trottola impazzita, affannata a prestare attenzione a mille cose contemporaneamente, finché non l’assaliva l’ansia e allora doveva respingere con tutte le sue forze il desiderio di scappare, di mollare tutto e tutti (che provassero ad arrangiarsi, una buona volta!) e di rintanarsi in un posto segreto che la rendesse invisibile al mondo. E poi? Poi tornava a essere la trottola impazzita di sempre…

… I pensieri negativi si accampavano nel suo cervello come un esercito invincibile e lì mettevano radici sempre più profonde. Diventavano quasi compagni di vita, una sorta di presenza fissa a cui ormai si era abituato. Che fare? Aveva perso ogni battaglia anche se aveva lottato con tutte le sue forze e si sentiva svuotato e demoralizzato…

La nostra è spesso una vita vissuta di fretta, con tanti impegni scadenzati che si susseguono a ritmo serrato l’uno dopo l’altro, incastrati alla perfezione. È anche una vita tesa all’eccellenza e carica di responsabilità (lavoro, famiglia, studio ecc.), che, soprattutto in alcune persone, può portare a un sovraccarico di stress, ansia, sensazione di non farcela e pensieri disfunzionali. Esiste qualcosa che può riportare benessere interiore, riequilibrio e centratura in se stessi? Prima di tutto, è bene tenere in mente che per ritrovare un proprio equilibrio è importante imparare di nuovo a fermarsi e a soffermarsi sull’attimo; sul presente; su quello che, con espressione latina, viene definito hic et nunc. Per “ricentrarsi” su stessi, mettere in pausa il caos esterno e interno da cui ci sentiamo sopraffatti, può essere molto efficace un percorso di mindfulness condotto da un operatore qualificato. Il termine “mindfulness” significa letteralmente “pienezza della mente” e questo già ci dà un indizio significativo su cosa significhi realmente praticare la mindfulness. Si tratta in effetti di una pratica meditativa derivata dal buddismo, di cui, però, ha perso l’aspetto religioso, orientata alla consapevolezza di sé nell’attimo presente che si sta esperendo. “Pienezza della mente”, quindi, riguardo all’attimo presente. L’attenzione che l’individuo che pratica la mindfulness rivolge su se stesso è curioso ma non giudicante. L’atteggiamento meditativo, infatti, è accogliente verso tutti i pensieri, le sensazioni, le percezioni ecc. che sfiorano la mente e il corpo dell’individuo in quel determinato momento. Se ben praticata, la mindfulness permette di padroneggiare in maniera più efficace il proprio stile di pensiero e di interrompere, per esempio, il circolo vizioso dei pensieri ruminativi che si autoalimentano inducendo uno stato di malessere e un abbassamento del tono dell’umore. L’osservazione curiosa, non giudicante, ma distaccata dai propri pensieri negativi, permette all’individuo di guardare ai suoi pensieri come da lontano, permettendo un miglior controllo di essi, proprio perché non percepiti come un tutt’uno con se stessi. Derivata dalla meditazione vipassana, la mindfulness, è stata formalizzata come modello negli Anni Settanta del secolo scorso da Jon KabatZinn, un biologo che aveva riconosciuto le potenzialità terapeutiche della meditazione e dello yoga. Adesso può efficacemente essere inserita in percorsi psicoterapici per una miglior gestione di molti disturbi, tra cui quelli ansiosi. I protocolli psicologici di mindfulness hanno trovato una loro validazione in campo clinico, pertanto vengono ampiamente utilizzati. La mindfulness, riportando l’attenzione dell’individuo sull’attimo presente, permette di riconnettere la mente e il corpo, che spesso, invece, vivono “vite separate”, perché disinnesca tutti quegli automatismi che quando diventiamo adulti ci permettono di “vivere” senza in realtà prestare attenzione a quanto stiamo vivendo; per fare un esempio banale: quante volte riempiamo il carrello della spesa mentre stiamo pensando ad altro e quando torniamo a casa non siamo sicuri di aver preso tutto ciò che ci eravamo prefissi di comprare? La mindfulness, invece, ci insegna a prestare attenzione al presente e ci allena a mantenere quest’attenzione vigile, ma allo stesso tempo compassionevole, verso noi stessi e verso i nostri pensieri ed emozioni. Ci insegna anche che noi non siamo i nostri pensieri e che essi possono dissolversi anche quando sono negativi, se impariamo ad accettarli e a rompere il circolo vizioso che li mantiene attivi e che acuisce la nostra sofferenza.

Un percorso di mindfulness integrato in un percorso psicoterapico può rivelarsi molto efficace per ridurre la sintomatologia ansiosa e ritrovare maggior equilibrio e serenità.

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