LA DIPENDENZA DA CIBO
La dipendenza da cibo si traduce nel consumo compulsivo di cibo per lenire il senso di inadeguatezza, fallimento e delusione che la persona prova.
È stato dimostrato da studi scientifici che gli alimenti “trigger” rilasciano nel cervello i neurotrasmettitori del benessere (dopamina e serotonina). Come tutte le sostanze introdotte attraverso un comportamento alterato, dopo un iniziale benessere, subentrano tutti i sintomi dell’astinenza fisica ed i sensi di colpa un punto di vista psicologico.
Spesso il cibo diventa un surrogato dell’affetto e molto spesso i due bisogni tendono ad essere connessi. Alla base c’è sempre un bisogno emotivo che viene soddisfatto in modo errato e disfunzionale. Stare a contatto con la propria parte emotiva è il primo passo per sentire il senso di vuoto che la persona prova, cercando di superarlo in modo funzionale e adattivo. Ganley (1989) identifica le emozioni principali alla base della fame emotiva: ansia, depressione, solitudine, noia, stress familiare e nel rapporto lavorativo, impotenza e disperazione, separazione da una persona importante, frustrazione, sensazione di isolamento, nervosismo, tristezza, sessualità repressa, impulsività, stanchezza, autocommiserazione, senso di inutilità ed infelicità.
C’è un forte legame tra emozioni e cibo occorre individuare questo legame per poi attuare un cambiamento. Occorre entrare in contatto con le nostre emozioni, soprattutto con quelle negative. Non fuggiamo dalla sofferenza, solo vivendola riusciamo ad elaborarla, per poi stare bene.
L’obiettivo non è la dieta ma risolvere i nostri conflitti. Cambiare è possibile, per stare meglio con sé con e con gli altri.