Il ruolo di seconda madre è sempre più diffuso. La maggior parte delle donne si incontra con i figli del partner durante il fine settimana oppure durante le vacanze, in altri casi però, si trovano a vivere con i figli di un’altra donna e quest’ultima puo’ agevolare o meno la convivenza.
La situazione è complessa e non è facile affrontarla, è lecito quindi, provare dentro di se sentimenti ambivalenti, di amore e odio, di attrazione e di rifiuto.
Una donna puo’ sentirsi stanca, gravata di numerosi compiti e magari poco riconosciuta. Il sostegno reciproco è fondamentale in questa situazione, il partner deve fornirle appoggio . Il sostegno è fondamentale in ogni famiglia, ma ancora di più’ nelle famiglie ricostituite, nelle quali la donna non è il genitore biologico.
Infatti, puo’ succedere che alcuni padri, deleghino tutto alla nuova compagna, soprattutto gli aspetti della cura dei figli che non sono abituati a soddisfare. La delega puo’ essere esplicita o implicita e la donna puo’ pensare di non essere all’altezza e magari sentirsi osservata dall’intero sistema familiare. Puo’ capitare che venga vissuta come capro espiatorio della situazione, vista come rivale anche dai figli stessi , considerata colpevole per la fine del matrimonio . L’atteggiamento che ha il genitore biologico dello stesso sesso è fondamentale al fine di consentire l’accettazione della seconda madre.
Il successo per le famiglie ricomposte dipende anche dal soddisfacimento di una serie di bisogni .
– Bisogno di riconoscimento: una donna che investe il proprio tempo nella cura dei figli del partner si aspetta un riconoscimento per quello che fa e se non lo riceve, soprattutto dal compagno, il loro rapporto puo’ entrare in crisi.
– Competizione e conflitti: nelle famiglie ricostituite la competizione ed i conflitti sono all’ordine del giorno e possono essere di varia natura. Le gelosie possono derivare dal confronto con la ex moglie, oppure rispetto ai figli del compagno. Possono esserci contrasti di natura economica. La conflittualità molto forte blocca i legami appena nati e puo’ scatenare intense gelosie. Se poi, sulla nuova famiglia, si riversino anche problemi non risolti della prima, è comprensibile che il nuovo nucleo non si consolidi.
– Responsabilità: molti sono i temi connessi alla presa di responsabilità nelle famiglie ricostituite. La responsabilità economica, con incroci tra i compagni attuali e passati non molto chiari, sul chi si prende cura di chi, che pu’o far insorgere risentimenti facilmente immaginabili. Un’altra responsabilità riguarda la ripartizione del tempo rispetto ai figli. Ci muoviamo per placare i nostri sensi di colpa e spesso ci troviamo ad agire per soddisfare i bisogni degli altri senza considerare realmente quello che vogliamo . Occorre, confrontarsi ed essere aperti. Non bisogna aver paura di affermare che l’affetto che proviamo per i nostri figli puo’ e deve essere diverso rispetto all’affetto che proviamo per i figli del compagno.
– Il dilemma della disciplina: E ‘opportuno, soprattutto all’inizio, che sia il genitore biologico ad occuparsi della disciplina dei propri figli. Questo perché i bambini si adattano con piu’ facilità alla presenza della nuova compagna se non viene percepita come figura autoritaria. Serve del tempo perché si possa parlare di fiducia. Una fiducia reciproca che consenta al figlio di potersi fidare accettando le regole e che permetta all’adulto di individuare quello che funziona e quello che invece deve essere cambiato.
Secondo Anna. O. Ferraris ci sono delle eccezioni a questa regola: – se il terzo genitore è solo a casa e deve bloccare un atteggiamento pericoloso; se l’atteggiamento sgradevole e maleducato è rivolto direttamente a lui deve intervenire come persona; se c’è una mancanza di rispetto generale. In queste tre situazioni, la compagna, ha il dovere di intervenire immediatamente.
Per quanto riguarda le regole e la disciplina deve essere il genitore biologico a stabilrle e deve essere lui stesso a punire il figlio, se trasgredisce.
Ricostituire una famiglia è faticoso e in alcuni casi si puo’ pensare di non farcela e di aver sbagliato tutto; occorre del tempo e come in tutti i processi, è necessario stabilire confini chiari e precisi rispetto ai vari membri.
Risulta piu’ facile se il terzo genitore riesce a coltivare questi aspetti positivi:
1. avere un atteggiamento empatico. Sapersi mettere nei panni degli altri è molto importante, per esempio cercando di immaginare le reazioni, i pensieri, le sensazioni che si avrebbero se si fosse al posto del bambino o del ragazzo che ci sta di fronte. Più si è capaci di empatia migliori sono i rapporti.
2. non stare sulla difensiva. Un adulto dovrebbe riuscire a non reagire difensivamente quando un ragazzino lo mette alla prova (paragonandolo al genitore separato, criticandolo e così via). Chi non è sulla difensiva capisce senza contrattaccare. E’ giusto però far comprendere ai bambini che ci si deve rispettare a vicenda, anche se ognuno è libero di non essere d’accordo con il punto di vista dell’altro.
3. evitare di giudicare. Gli apprezzamenti possono essere diretti o indiretti (del tipo “ miei figli non fanno mai …”, “i bambini intelligenti usano il cervello …”, e quelli indiretti in genere feriscono di più. Trattenersi dal dare giudizi negativi, soprattutto nei primi tempi, è importante se si vuole
costruire un rapporto.
4. essere ben disposti. Il “terzo genitore” ideale accetta i figli del partner per quello che sono, senza stabilire condizioni o insistere perché adottino il suo stesso stile nel fare le cose. Ha fiducia nelle loro capacità, dà loro credito quando fanno delle scelte o si assumono delle responsabilità. Rispetta la loro storia familiare e riconosce il loro bisogno di mantenere dei buoni rapporti con entrambi i genitori.
5. aprirsi al cambiamento. La famiglia ricostituita è il risultato di una ristrutturazione del sistema familiare. Il cambiamento mette in discussione molti aspetti della vita quotidiana. Ci può essere una crisi, ma il problema non è la crisi in sé, che può essere salutare, bensì il modo in cui si risponde alle difficoltà. Se non si ha paura di cambiare il clima familiare è più disteso.
6. avere un’identità salda. La consapevolezza di poter sbagliare è importante, e va accompagnata dalla fiducia di riuscire a far fronte ai problemi. Chi pensa di non sbagliare mai è poco plastico nei rapporti con gli altri e, pur di dimostrare di aver sempre ragione, è pronto ad imbarcarsi in confronti che inaspriscono i rapporti invece di risolverli.
7. non assumersi responsabilità che non competono. Chi entra in una famiglia dove ci sono dei figli già grandicelli non è responsabile delle abitudini che hanno acquisito nella famiglia d’origine. Col tempo, le abitudini e i comportamenti possono cambiare, ma se questo non accade non sarà certamente colpa sua: adulti e bambini sono inseriti in un processo, e il genitore ausiliario incontra i figli del partner in un momento specifico della loro vita.
Il terzo genitore – Vivere con i figli dell’altro .
Anna O. Ferraris .