La sindrome dell’impostore
… Aveva vinto il concorso e questa sul momento era una notizia che l’aveva resa molto felice perché era una cosa che desiderava davvero. Avrebbe fatto un lavoro che le piaceva. Era una cosa decisamente positiva. Poi era subentrata una sottile inquietudine. Perché aveva vinto proprio lei? Cosa aveva fatto per meritarselo realmente? Di certo non era la più brava! C’, erano stati così tanti candidati… Possibile che proprio lei fosse risultata la più idonea, la migliore? Non poteva crederlo… Aveva avuto solo tanta fortuna… Magari non aveva nemmeno le competenze per farlo bene, quel lavoro… E se poi si fossero accorti tutti che alla fin fine lei non era così brava?
… Lui i complimenti e le lodi se li era sempre vissuti molto male. Gli facevano salire l’ansia, e non era una questione di timidezza o imbarazzo. Lui sapeva di non meritarseli, la gente si sbagliava a pensare che lui fosse così capace, perché in realtà lui non lo era. Era soltanto molto fortunato e aveva sempre azzeccato il giusto timing. Insomma, finora le cose gli erano sempre andate discretamente bene ma non certo per merito suo. Qualcuno prima o poi se ne sarebbe accorto…
Alcune persone, anche se sono molto competenti e preparate non si sentono mai all’altezza. Nonostante ricevano feedback positivi dai superiori, dai colleghi, dagli amici ecc. “sentono” comunque di non essere così bravi come gli altri li dipingono. Vivono nel terrore che qualcuno “scopra” che in realtà non si meritano affatto tutti i risultati che hanno raggiunto, che non sono così bravi come appaiono; insomma, hanno paura di essere smascherati come bluff!
Questo strano comportamento ha un nome: sindrome dell’impostore. Questa sindrome non è ancora annoverata tra i disturbi presenti sul DSM, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi psichici e psichiatrici di APA, ma è piuttosto comune, anche se può sembrare paradossale, tra le persone molto competenti e che hanno raggiunto posizioni lavorative prestigiose e di successo, ma che nutrono scarsa autostima.
La sindrome dell’impostore è stata descritta ufficialmente per la prima volta alla fine degli anni Settanta del secolo scorso da Pauline Clance e Suzanne Imes, due psicologhe statunitensi che, in uno studio da loro condotto, avevano riscontrato questo fenomeno peculiare in molte donne “in carriera”. Da uno studio più recente, però, è risultato che anche molti uomini di successo soffrono della stessa sindrome, pur essendo più restii delle donne a parlarne perché provano vergogna a mostrare i propri limiti. Quello che bisogna tener presente è che le persone che soffrono della sindrome dell’impostore in realtà sono realmente capaci e competenti: non sono affatto dei bluff o degli imbroglioni che si millantano per ciò che non sono… il problema è che non riescono a considerare in maniera oggettiva le loro qualità e tendono ad attribuire ad altri fattori (esterni a sé) i buoni risultati che ottengono. Soffrono di quello che in psicologia si chiama “bias cognitivo”: vedono, cioè, i loro successi e meriti sotto una luce “distorta”. Questo li porta a non sentirsi meritevoli e a vivere costantemente nell’ansia che qualcuno si accorga di quanto poco valgono in realtà. La loro scarsa autostima li spinge a cercare di migliorarsi sempre più e diventano dei perfezionisti. Solitamente si tratta di persone altamente coscienziose e con un forte senso del dovere che non gli dà tregua. Impegnarsi sempre di più e lavorare sempre più duramente per guadagnare maggior sicurezza, in realtà, in questi casi, potrebbe finire per acuire il disagio e la difficoltà, invece di essere di un qualche aiuto, perché il cambiamento da affrontare è molto più profondo. Non è, infatti, lavorando ancora meglio e ancora di più che queste persone impareranno a darsi il giusto valore e ad apprezzare come meritato ogni risultato raggiunto. C’è bisogno di una trasformazione nell’immagine di se stessi, nella stima di sé e nel senso di autoefficacia percepita. Chi soffre della sindrome dell’impostore è competente e formatissimo: è il suo giudice interiore che è implacabile e che, dunque, va trasformato.
Pur non rientrando tra i disturbi ufficiali, la sindrome dell’impostore può influire fortemente sulla qualità della vita di chi ne soffre, perennemente in ansia e in affanno per ottenere un riconoscimento “meritato” che non potrà arrivare mai se non parte da “dentro”.
Un percorso psicoterapico può essere molto efficace per ristrutturare la personalità e permettere all’individuo di sentirsi meglio con se stesso e con gli altri.
BIBLIOGRAFIA:
Pauline Rose Clance & Suzanne A. Imes, The imposter phenomenon in high achieving women: Dynamics and therapeutic intervention. , in Psychotherapy: Theory, Research & Practice, vol. 15, n. 3, 1978, pp. 241–247, DOI:10.1037/h0086006
Shana Lebowitz, Men are suffering from a psychological phenomenon that can undermine their success, but they’re too ashamed to talk about it, Business Insider.
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