LA SINDROME DI MEDEA
Medea, figlia di Eeta re della Colchide e di Ecate, dea dell’Oltretomba, non è soltanto una principessa, ma anche una giovane maga molto potente che conosce elisir, filtri e pozioni di ogni tipo. La giovane s’innamora perdutamente di Giasone, eroe venuto da lontano per recuperare il Vello d’Oro e portarlo nella sua patria in Tessaglia e decide di aiutarlo nella sua disperata impresa attraverso le sue potenti arti magiche, tradendo così la fiducia della propria famiglia. Recuperato il Vello d’Oro con la magia e l’astuzia, i due amanti decidono di fuggire insieme dall’ira di Ecate veleggiando verso la Grecia sulla nave Argo. Travolti dalla passione che li divora, Medea e Giasone hanno dei figli e sono complici in molti crimini ma sempre uniti e innamorati, finché, esiliati a Corinto, il re Creonte decide di fare di Giasone il suo erede offrendogli in moglie sua figlia… I sentimenti di Medea non contano niente: Giasone accetta. L’ira di Medea, folle e immensa quanto lo era stata la sua passione, trascina lui e se stessa nella spirale di un odio mortale e senza fine. La vendetta, la più terribile e la più crudele di tutte, si compie: uccide i figli per ferire mortalmente l’uomo amato, poi sale su un cocchio e si dirige verso il sole.
Il mito greco di Medea, più volte rielaborato in poesia e in letteratura, rappresentato anche a teatro, continua a far inorridire e ad affascinare ancora oggi. Il personaggio di Medea, appassionato, impulsivo, misterioso e tragico ha ispirato lo psicologo Jacobson (1988) a chiamare “sindrome di Medea”, quel complesso psicologico per cui la donna cerca di distruggere la relazione esistente tra i suoi figli e il padre. Non si tratta sempre di “figlicidio”, ma è spesso una metafora per la distruzione di un legame fortissimo, qual è quello di un padre con i propri figli, che viene attuata dalla donna soprattutto nei casi di separazione conflittuale. Come nel mito di Medea, anche l’amore più appassionato può trasformarsi, fomentato dalla gelosia, in un odio accecante, desideroso della più crudele vendetta: il troncamento del legame affettivo del figlio con il genitore che è vittima dell’odio. Per quanto nel mito di Medea la protagonista sia una donna, la sindrome di Medea può attagliarsi anche ai padri che allontanano affettivamente i figli dalla madre, sebbene ciò capiti più raramente. Le vittime di questo complesso non sono soltanto gli ex partner, come si vorrebbe, ma anche i figli, che si ritrovanogettati in mezzo a una vera e propria guerra tra i loro genitori che certamente non hanno mai desiderato e di cui, se sono ancora piccoli non possono comprendere le dinamiche. La strumentalizzazione dei figli da parte di uno o di entrambi i genitori non è cosa rara nell’ambito delle separazioni conflittuali, né è sempre consapevole, ma può provocare conseguenze anche serie nei bambini che si ritrovano nel pieno del conflitto della coppia che si sta separando; possono, infatti, emergere elevata aggressività, autosvalutazione, depressione, disturbi alimentari e difficoltà nel rendimento scolastico. La sindrome di Medea si intreccia, dunque, con il complesso di alienazione genitoriale (Buzzi, 1997), in cui un genitore manipola i figli a proprio vantaggio, svalutando l’altro genitore e, quindi, provocando un allontanamento affettivo dei figli dall’ex partner. Ma nel complesso di Medea risalta anche la gelosia, patologica e micidiale, che con la sua furia cieca avvelena tutto quanto c’è stato di bello nella storia d’amore ormai finita. Un amore forte e appassionato può trasformarsi bruscamente in un odio implacabile e assetato di vendetta come quello di Medea per Giasone, colpevole di averla lasciata (in maniera meschina, per la verità) per una donna più giovane e, chissà, forse più bella. La passione indomabile e inarrestabile di Medea per Giasone, quella che le fa abbandonare d’impulso la famiglia e la terra natia per uno straniero giunto in città per trafugarne il tesoro più prezioso, ci rimanda alla dipendenza affettiva, a quelle “passioni scriteriate”, per dirla con le parole di Massimo Borgioni, che sono sì intense e fulminanti, ma che non hanno solide basi per lo sviluppo di una relazione sana e nutriente. Medea a Giasone offre tutta sé stessa, corpo e mente: gli mette a disposizione le proprie arti magiche, lo segue in capo al mondo, gli partorisce dei figli, lo aiuta a recuperare il trono perduto. Tutto fa e tutto sopporta. Poi avviene la rottura: lui si innamora di un’altra e l’abbandona. E l’abbandono da parte del suo uomo è qualcosa che Medea non può tollerare, nel senso che non lo può nemmeno pensare… così scivola nella sua lucida follia: si vendica di Iole, la promessa sposa di Giasone, regalandole un velo che la brucerà viva; uccide i propri figli per ferire l’amante fedifrago che le ha tolto tutto.
L’amore sano non è soltanto reciproco, ma rispettoso e arricchente: chiedere supporto se si pensa di star vivendo una relazione tossica è il primo passo per uscirne.
Riferimenti bibliografici:
Borgioni, M., (2015), Dipendenza e controdipendenza affettiva: dalle passioni scriteriate all’indifferenza vuota. Roma, Alpes
Buzzi, I., “La sindrome di alienazione genitoriale”, in Cigoli V., Gulotta G. & Santi G. (a cura di), Separazione, divorzio e affidamento dei figli, Giuffré, Milano, II Ed., 1997, pp 177-188.
Jacobs, J.W., (1988), Euripides’ Medea: A Psychodynamic Model of Severe Divorce Pathology, https://doi.org/10.1176/appi.psychotherapy.1988.42.2.308
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