L’ADHD negli adulti: criticità e interventi

L’ ADHD, è un disturbo evolutivo che generalmente viene diagnosticato nella prima infanzia – generalmente dopo i 7 anni di età – e che inficia significativamente nell’individuo i processi attentivi (attenzione selettiva, divisa, alternata e sostenuta), con ripercussioni più o meno severe in ambito scolastico, relazionale e sociale, ma anche l’acquisizione delle capacità di autoregolazione comportamentale ed emotiva, con conseguente difficoltà nell’adeguata espressione delle emozioni e nella regolazione della motivazione. Erroneamente, spesso si pensa che questo disturbo riguardi soltanto bambini e adolescenti, ma non è così, esso, infatti, permane anche in età adulta, pur con una sintomatologia diversa (si attenua l’iperattività, per esempio). A causa della variabilità interindividuali dei sintomi, non sempre l’ADHD viene diagnosticato precocemente, quindi può capitare più spesso di quanto non si creda che gli adulti con ADHD scoprano tardi di soffrire di questo disturbo e che, pertanto, si trovino a vivere situazioni di disagio e sofferenza senza sapere da cosa dipendano. Considerato che le componenti attentive rimangono il punto critico del disturbo anche in età adulta, non è difficile immaginare come questo disturbo vada a inficiare le relazioni sociali, lavorative e romantiche dell’individuo. Nell’adulto, l’ADHD rischia spesso di passare inosservato, mentre i comportamenti non adeguati della persona vengono spesso interpretati come caratteristiche negative della personalità dell’individuo (cioè intrinseche), quali: mancanza di educazione, negligenza, disinteresse, insofferenza, apatia e irresponsabilità (Migliarese et al., 2023), creando, in questo modo, uno stigma intorno a queste persone come “non affidabili”, “difficili” ecc. Tutto questo comporta notevoli difficoltà in ambito lavorativo (l’adulto con ADHD si distrae con estrema facilità e può arrivare ripetutamente in ritardo sul posto di lavoro perché perde la cognizione del tempo, oppure, può metterci molto tempo a portare a compimento un compito perché continua a perdere la concentrazione, solo per fare alcuni esempi), in ambito familiare e in ambito amicale e romantico. La persona adulta con ADHD, infatti, a causa della sua labilità attentiva e della sua difficoltà, si distrae ripetutamente durante le conversazioni e le interazioni con gli altri, finendo per non riuscire sempre a farsi un quadro completo di ciò di cui si sta parlando e, dunque, dimostrandosi agli occhi dell’interlocutore annoiata, disinteressata e maleducata (Migliarese et al., 2023). La scarsa capacità di regolare la propria motivazione rende questi individui caotici, disordinati e disorganizzati, cosa che finisce per condurre a contrasti e conflitti con familiari e conviventi, che spesso si trovano a doversi sobbarcare di un ruolo organizzativo vicario in seno alla famiglia (Migliarese et al., 2023). Lo stigma di persona “inaffidabile”, “dispersiva”, “caotica” ecc., può impattare fortemente sul senso di autoefficacia e autostima dell’individuo con ADHD, innescando un circolo vizioso che rischia di renderlo sempre meno competente nei rapporti sociali. La costante disattenzione e l’elevata distraibilità, nonché la mancanza d’iniziativa, fanno apparire l’individuo adulto come non motivato, pigro e annoiato. Il bisogno continuo di novità e stimoli diversi, la capacità di saltare da un pensiero a un altro senza un apparente legame logico, la difficoltà nella gestione del rifiuto e delle frustrazioni, come delle emozioni, rendono queste persone “difficili” da frequentare, sia in amicizia che in amore, perché si fatica a “stargli dietro”: sembrano incapaci di rilassarsi, così come di prestare attenzione continuativamente a un solo stimolo o di mostrare adeguato interesse per il partner. Quello che accade, allora, è che rischiano di rimanere isolati, cosa che può portare a disturbi d’ansia e/o depressivi. Per tutte queste ragioni è opportuno, in caso di sospetto ADHD non diagnosticato, scegliere la strada della valutazione diagnostica, per poter dare finalmente un nome a quel senso di malessere provato per anni e per poi poter scegliere i trattamenti più adeguati con un professionista qualificato.

Gli interventi per l’ADHD nell’adulto sono di vario tipo e non soltanto farmacologici: gli interventi psicoeducativi, per esempio, se condotti all’interno di un approccio cognitivo – comportamentale, possono essere molto efficaci, perché si concentrano sulle principali aree disfunzionali, di cui l’individuo deve prendere consapevolezza, per poi imparare a gestirle tramite l’apprendimento di strategie e tecniche specifiche. La psicoeducazione può anche essere condotta in gruppo e, in questo caso, all’efficacia dell’intervento psicoeducativo si assommano i benefici del gruppo stesso, catalizzatore di cambiamento e stimolo per il confronto e la condivisione con altre persone, che portano nella stanza esperienze simili seppur diverse. Anche la mindfulness, come tecnica meditativa si rivela efficace nel “ricentrare” l’individuo sul presente e nel potenziare consapevolezza e attenzione, aiutandolo a lasciar andare gli stimoli distrattivi.

 Infine, un trattamento innovativo che si sta dimostrando sicuro ed efficace nella stimolazione dell’attenzione e della concentrazione anche nel caso dell’ADHD è la fotobiomodulazione, una metodologia non invasiva a luce infrarossa che stimola gli impulsi elettrici delle cellule neuronali e il loro rigenerarsi. Si tratta di una tecnologia facilmente utilizzabile da tutti perché non limita la libertà di movimento. Questa nuova terapia (nel caso di Neuro gamma 4 di Vielight) è basata sull’uso dell’energia elettromagnetica non ionizzante, che va a stimolare cambiamenti fotochimici nelle strutture cellulari ricettive ai fotoni. Lo strumento che viene utilizzato per le sessioni di fotobiomodulazione assomiglia a un leggero casco oppure a una cuffia, facile da indossare e corredato da cluster LED per la stimolazione transcranica che vengono posizionati davanti, lateralmente e posteriormente al cranio. Le sessioni durano circa 20 minuti l’una e possono essere eseguite con semplicità negli studi professionali da personale formato. 

Nel mio studio professionale offro la possibilità di effettuare sessioni di fotobiomodulazione, in associazione a percorsi di psicoeducazione (individuale e di gruppo) e psicoterapia.

Per informazioni potete scrivermi a:

studio@barbaracalcinai.it 

Riferimento bibligrafico:

Migliarese, G., Venturi, V., Reibman, Y.L. & Mencacci, C. (2023), ADHD negli adulti. Un modello per l’intervento psicoeducativo, Bologna: Erickson.