L’amore immaturo e la dipendenza affettiva
… Non poteva esserci altro pensiero al di fuori di quell’amore così potente e incontrollabile che tutto pervadeva e tutto governava. Era come trovarsi su una nave in balia dei flutti, sconquassata da onde sempre più alte, ma che non si poteva abbandonare, pena il precipitare tra i cavalloni impazziti e affogare. C’era un unico, troneggiante pensiero nella sua testa, che schiacciava tutti gli altri e li faceva impallidire, indietreggiare, rimpicciolire finché diventavano dettagli insignificanti: lui. Cosa faceva, con chi era, perché non andava tutti i giorni a trovarla. Aveva bisogno di lui come dell’aria che respirava, era l’unica cosa realmente importante nella sua vita, l’unica cosa che la dominava notte e giorno. Un suo sguardo era l’estasi; un suo rifiuto l’abisso dell’inferno. Eppure… fare a meno di quella relazione era intollerabile, inaffrontabile, inconcepibile.
L’abbiamo già detto molte volte ma vale la pena ripeterlo: l’amore romantico assomiglia un po’ a una benevola forma di follia. Bellissima e intensa, ma breve. Poi si rinsavisce; poi c’è il ritorno della razionalità, il ridimensionamento dell’infatuazione. E se non accade? Che avviene quando la follia non si trasforma in “amore”, ma anzi sembra dilagare sempre più, prendere il sopravvento su tutto e mettere in ombra il resto? Ecco che la “magnifica ossessione” si trasforma in un’ossessione furiosa, dolorosa, che non dà requie e che non trova mai soddisfazione. Il nostro amore non sta maturando, non si sta evolvendo in un sentimento più stabile e meno tumultuoso, anzi, si sta trasformando in un sentimento che provoca sofferenza e destabilizzazione ma di cui, nonostante tutto, non riusciamo a fare a meno. Ansia, pensieri ossessivi e intrusivi, acuta necessità di trovarsi sempre con il partner (o comunque di sapere costantemente dov’è e cosa fa), sono tutti sintomi di una forma di legame relazionale dipendente, di dipendenza affettiva. Sebbene questo tipo di dipendenza non rientri ancora tra quelli elencati dal DSM – 5 TR, la dipendenza affettiva è un “male” che sta dilagando nella nostra società e, sebbene possa colpire sia donne che uomini, sono molte di più le donne che soffrono a causa di un legame relazionale dipendente. Peel e Brodsky, gli “inventori” nel 1975 della locuzione anglofona love addiction, parlano di “amore disperato”, espressione che rende bene il senso di disperazione e di hopelesness provata e vissuta da chi è vittima di questi legami altamente disfunzionali. Nonostante tutto, la persona che vive un legame di dipendenza affettiva trascura le proprie necessità, i propri desideri e le proprie inclinazioni a vantaggio del proprio partner nel tentativo di evitare l’abbandono, abisso inconcepibile, che sente di non riuscire ad affrontare. Questo tipo di legame relazionale rimane statico, nonostante le oscillazioni provocate dai partner che si trovano ai poli opposti di una corda immaginaria: non c’è reale evoluzione verso una forma di amore più matura, capace di generare un senso di sicurezza, ma nello stesso tempo anche di autonomia emotiva in entrambi i membri della coppia. Il legame dipendente è fermo, sospeso nel tempo. Chi soffre di dipendenza affettiva non sempre è consapevole che la sua storia d’amore è disfunzionale, ma anche quando lo è e prova moti di rabbia e di frustrazione per l’insoddisfazione che la relazione gli provoca, non riesce a liberarsene, ad andarsene, a causa del terrore abbandonico: tutto è meglio della fine della relazione.
Lo stile di attaccamento sviluppato dal bambino nella prima infanzia con il principale adulto accudente (di solito la madre) è uno dei fattori che predispone alla dipendenza affettiva (Lebruto et al., 2022); l’attaccamento insicuro, infatti, sembra correlarsi con problematiche relative alla sfera relazionale. Ci si può chiedere se dall’amore, anche se disadattivo, si può guarire e, in effetti, la domanda non è banale e la risposta è complessa. Risulta difficile far capire a una persona ossessivamente innamorata la quale, oltre alla sofferenza, come è evidente, ha sperimentato più volte anche picchi di piacere elevati, che una relazione amorosa “sana” non comporta un dolore così abissale, ma soprattutto è difficile farle accettare che le relazioni “sane” spesso non sono connotate nemmeno da picchi estremi di piacere, perché è proprio il bisogno di riprovare la ricompensa del piacere ciò che innesca il circolo della dipendenza. Attualmente, risultano efficaci i gruppi di auto-mutuo aiuto in cui ogni partecipante ha la possibilità di condividere la propria storia e di ascoltare quelle degli altri, offrendo e ricevendo feedback che favoriscono la consapevolezza delle proprie dinamiche relazionali. Il metodo Dipendiamo®, ideato dalla Dott.ssa Maria Chiara Gritti e testato sperimentalmente, si è mostrato efficace nel trattamento della dipendenza affettiva, sia a livello individuale che di gruppo. All’aumento dell’autoconsapevolezza, il metodo unisce l’apprendimento della gestione dell’ossessione amorosa, la riappropriazione di tempi, spazi e interessi da parte della paziente e il costante monitoraggio e rinforzo dei risultati ottenuti.
Tramite Lo Schicco di Grano APS di cui sono Presidente, erogo gruppi per il trattamento delle dipendenze affettive utilizzando il metodo Dipendiamo® in cui sono formata.
Per informazioni, scrivere a:
associazioneloschiccodigrano@gmail.com
Riferimenti bibliografici
Calcinai, B. & Savelli, L. (2024), Quando l’amore non basta. Le relazioni tra danno e cura. Roma: Alpes Italia.
Gritti, M.C., Dipendiamo. Un trattamento sistemico di gruppo per la cura della dipendenza affettiva, in «La società degli individui. Quadrimestrale di filosofia e teoria sociale», n. 61, 2018/1, Milano: FrancoAngeli.
Lebruto, A., Calamai, G., Caccico, L., & Ciorciari, V. (2022), Dipendenza affettiva. Diagnosi, assessment e trattamento cognitivo-comportamentale, Trento: Erikson Edizioni.
Peele, S., & Brodsky, A. (1992), The truth about addiction and recovery, Fireside.