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La questione della violenza contro le donne sembra non accennare a trovare una soluzione stabile e duratura: anzi, come si può facilmente evincere dai notiziari quotidiani, i femminicidi, anche tra i giovanissimi, sono sempre presenti, a dimostrare che la cultura, anche quella occidentale, non si è ancora sbarazzata del suo retaggio di discriminazione e sessismo. A poco, finora, sembrano valere gli sforzi profusi da donne (e uomini) ben consapevoli di questa deriva violenta contro il “femminile” in tutte le sue sfumature. La violenza contro le donne viola i diritti umani, è pervasiva e persistente, trasversale a tutte le fasce d’età, eppure, sembra quasi qualcosa a cui ci si debba “rassegnare”, qualcosa di costituzionalmente connaturato al nascere “donna”.

Vale la pena ripetere una volta di più, che quando si parla di violenza contro le donne non ci si riferisce soltanto ai casi più eclatanti, di omicidio, stupro, aggressione sessuale, maltrattamenti fisici o stalking, ma anche a tutti quei casi in cui la donna è schiavizzata: non potendo accedere autonomamente alle risorse economiche della famiglia, oppure quando è obbligata a non lavorare (violenza economica), quando è minacciata nei suoi affetti più intimi (i figli, i parenti della sua famiglia d’origine) o umiliata a livello fisico o cognitivo (violenza affettive e psicologica), quando è costretta, con la forza o con la manipolazione, a fare cose che non vuole. Anche la gelosia ossessiva è una forma di violenza perpetrata ai danni della donna e che non le permette né libertà di movimento, né libertà di relazione. Si rivela una forma di violenza subita passivamente anche quella di non pensarsi degna o in grado di uscire da un rapporto di coppia disfunzionale e fonte di profonda sofferenza. A ben vedere, tutti i tipi di violenza che abbiamo citato e che possono presentarsi da soli o mischiati, hanno un fattore comune: la reificazione della donna. Nonostante anni di lotte e di emancipazione, la donna è ancora, spesso inconsapevolmente, un “oggetto”, di cui si può disporre a piacimento: oggetto sessuale, oggetto di fantasie, oggetto d’amore idealizzato ecc. Madre, Moglie, Amante… tutti ruoli sclerotizzati e prefissati da pregiudizi e stereotipi che mantengono le donne reali, in carne e ossa, con desideri, risorse e limiti peculiari mai all’altezza dell’immaginario codificato. Ed ecco che scatta l’odio, la rabbia contro la donna che non vuole soddisfare lo stereotipo, che vuole sentirsi libera di essere se stessa in ogni ambito e libera dalle catene dei pregiudizi. Libera di costruirsi una carriera, libera di amare i propri figli (se ne ha), ma anche se stessa, libera di troncare una relazione dolorosa e avvilente, libera di amare il proprio corpo, libera di vestirsi come vuole. Libera dalle convenzioni, dai ruoli sclerotizzati, dalle aspettative maschili (per forza giovane, bella, snella, accondiscendente ecc.)

La nostra cultura è ancora intrisa di stereotipi e valori patriarcali, ma, ahimè, anche le donne spesso contribuiscono a mantenerli in vita e a propagarli: tutte le volte che fanno body shaming contro un’altra donna (“una donna deve curare l’aspetto truccandosi e indossando abiti femminili”; “quel vestito non se lo può permettere perché non è abbastanza magra”); ogni volta che fanno victim blaming contro una donna che ha subito la violenza di uomo (“si vestiva in maniera troppo provocante”; “prima sembrava che ci stesse e poi ha cambiato idea… lui che doveva capire?”); tutte le volte in cui giudicano “normale” che l’uomo guadagni stipendi più alti, rivesta ruoli più prestigiosi o debba prendere le decisioni più importanti in seno alla famiglia.

Il cambio di mentalità, tanto perseguito e sospirato, passa anche da noi e dalla nostra voglia di fare rete con le altre donne, di educare le giovani generazioni al rispetto di genere e delle differenze, che nell’uguaglianza dei diritti e dei doveri, appartengono a ciascuno di noi e sono portatrici di ricchezza. 

Diciamo “no”, un “no” forte e chiaro alla violenza in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue forme; alla repressione e al tramandare valori che sono, invece, dis-valori. Accogliamo la differenza, il nuovo, il creativo, l’inusuale, dentro di noi e fuori da noi. Impariamo ad apprezzare noi stesse per poi apprezzare senza invidia le altre donne, che come noi ogni giorno si alzano e affrontano, come possono, un mondo che è ancora in mano agli uomini. Educhiamo i nostri figli, i nostri nipoti, i nostri studenti al rispetto reciproco, allo scambio, alla curiosità e all’ascolto.

Partiamo da noi per cambiare il modo in cui il mondo ci vede.

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