Quando la freddezza è nell’anima

… Non capiva perché lei si arrabbiasse o piangesse o lo chiamasse “insensibile” perché non era certo sua intenzione ferirla, trattarla male. Non riusciva a comunicare bene con lei, di questo se ne rendeva conto, ma non sapeva come fare per cambiare le cose. Di colpo lei si metteva a parlare di cose che per lui erano quasi incomprensibili, come se la comunicazione seguisse un doppio binario, un binario che lui proprio non riusciva a seguire. 

… Lui non l’amava. Non era possibile che l’amasse e non capisse mai niente di quello che provava, di quello che sentiva, dei sentimenti che esternava. Rimaneva sempre freddo e distaccato, un piccolo frigorifero ermeticamente chiuso che non si faceva influenzare da niente di quello che lei diceva. Questa cosa la faceva andare fuori di testa! Possibile che fosse così insensibile, così freddo? Che cosa provava? Provava davvero qualcosa per lei? Ci teneva alla loro storia?

Alcune persone sembrano incapaci di mostrare i loro sentimenti e le loro emozioni, perché hanno grandi difficoltà nel loro riconoscimento e nella loro interpretazione, cosa che si riflette in un’impossibilità di esprimerle correttamente, nonché di comprendere pienamente quelle provate dagli altri. La alessitimia (Sifneos, 1988) è, appunto, la difficoltà nel riconoscere ed esprimere le proprie emozioni e i propri sentimenti, che si accompagna all’incapacità di discernere e discriminare ciò che si prova a livello emotivo da ciò che si prova a livello fisiologico quando si prova un’emozione (accelerazione del battito cardiaco, sudorazione, movimenti viscerali ecc.). Ne consegue che l’alessitimico non possiede grandi capacità di mentalizzazione dell’esperienza emotiva, né grandi capacità di simbolizzazione. I suoi stati emotivi, risultandogli incomprensibili e misteriosi, lo spaventano e, per tale motivo, l’alessitimico preferisce concentrarsi sulle esperienze esterne, concrete. Anche il suo linguaggio è caratterizzato dalla logica e dal ragionamento, a scapito della colorazione affettiva, romantica o passionale. Queste importanti limitazioni nella comprensione e nell’espressione dell’affettività, rendono l’alessitimico apparentemente privo di provare la men che minima emozione, ma non dobbiamo confondere le sue difficoltà interpretative con l’incapacità di provare emozioni e sentimenti. Infatti, anche l’alessitimico prova tutta la gamma emotiva propria degli esseri umani, ma, poiché non sa “dargli un nome”, le sue emozioni lo spaventano e restano inespresse, sostituite da un vero e proprio attaccamento a norme, regole e convenzioni, che, a differenza delle emozioni, offrono coerenza, stabilità e comprensibilità. Intrecciare una relazione romantica con una persona alessitimica può essere complicato e portare a forte sofferenza da entrambe le parti. Il partner alessitimico non comprenderà le “esplosioni” emotive dell’altro e ne rimarrà spaventato, incapace di rispondere adeguatamente a qualcosa che non riesce a comprendere; mentre il partner non alessitimico si sentirà frustrato, solo, non amato e non compreso nei propri bisogni, finendo per far “esplodere” tutta la sua infelicità in un modo che per l’alessitimico è del tutto incomprensibile. Si innesca, così, una spirale di incomprensioni che non può che peggiorare, se non attenzionata da un professionista.

Per salvare la propria storia con un partner alessitimico è necessario che il proprio compagno/compagna desideri intraprendere un percorso psicoterapico per imparare a conoscere il proprio mondo emotivo, anche perché di frequente l’alessitimia si correla ad altri disturbi che inficiano il benessere psicoemotivo dell’individuo, tra cui la depressione, anche non diagnosticata. Va sottolineato che non sempre gli alessitimici accettano di buon grado di intraprendere un trattamento individuale: teniamo sempre presente, infatti, che per chi ha forti difficoltà nell’identificazione delle emozioni e dei sentimenti sono gli altri a essere “strani”, troppo esuberanti, instabili o inaffidabili.  

Le relazioni disfunzionali provocano sempre dolore e sofferenza sul lungo periodo. Vale sempre la pena chiedersi: “perché desidero portare avanti questa storia? A quale dei miei bisogni risponde?” e cercare di darsi una risposta sincera. Trattamenti individuali, di coppia e di gruppo possono essere molto efficaci per individuare nuove e più funzionali modalità relazionali.

Attraverso il metodo Dipendiamo®, ideato dalla Dott.ssa Mara Chiara Gritti, nel quale mi sono formata, organizzo, a richiesta, gruppi sulla dipendenza affettiva e sulle relazioni disfunzionali.

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Riferimento bibliografico:

Sifneos, P.E. (1988) Alexithymia and its Relationship to Hemispheric Specialization, Affect and Creativity. Psychiatric Clinics of North America; 11(3), pp. 287-292.

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