Quando le donne supportano  le donne

Guardare quel dipinto così potente, che rendeva così bene l’idea della determinazione, del coraggio e della complicità delle due donne protagoniste, la faceva sempre fremere di emozioni difficili da esternare. Quando si era sentita molestata, oltraggiata, umiliata dall’universo maschile, era nelle donne che aveva trovato sostegno. Certo, non in tutte le donne (e del resto non tutti gli uomini le avevano arrecato offesa), ma alcune donne erano state preziose per la sua rinascita, per il suo percorso per essere più autenticamente se stessa. A partire dalla sua terapeuta, donna empatica ma assertiva, accogliente ma energica. Era stata lei a mostrarle quel dipinto di Artemisia Gentileschi che in un modo un po’ misterioso aveva innescato il cambiamento.

Desiderava trovare complicità e solidarietà nelle donne e sfatare una volta per tutte il pregiudizio che l’universo femminile fosse fatto di pettegolezzi, invidia e maldicenza. Lei non era così e sapeva che tantissime donne erano come lei. Erano sempre gli uomini a mettere in giro tutte quelle sciocchezze sulle donne…

L’arte, si sa, veicola forti emozioni, in chi la produce e in chi la fruisce. È energia convogliata verso qualcosa di unico e creativo e finisce per essere lo specchio dei suoi fruitori. Il quadro di Artemisia Gentileschi, “Giuditta decapita Oloferne”, di cui una versione si trova nella galleria degli Uffizi di Firenze, è un quadro potente, che ci parla di tematiche molto attuali: la lotta perenne delle donne per affrancarsi dal giogo maschilista, il coraggio di chi crede nei propri valori e nei propri ideali, la complicità tra due donne. Per questo è in grado di emozionarci in maniera profondaancora oggi. La pittrice, vissuta in epoca rinascimentale, costretta a sposarsi contro la propria volontà, subì uno stupro e fu costretta all’umiliazione di un processo pubblico in cui dovette difendere il proprio stile di vita, nonostante fosse lei la parte lesa e oltraggiata. Oggi, Artemisia Gentileschi rappresenta tutte quelle donne che dicono “no” alla violenza fisica, psicologica, economica o emotiva che sia, da parte dei loro uomini, dei loro familiari o di sconosciuti. Ma con questo quadro altamente suggestivo, Artemisia ci offre anche lo spunto per parlare della solidarietà femminile: Giuditta e la sua ancella, infatti, agiscono di concerto, nonostante la differenza di status sociale e di ruolo. Rappresentano, quindi, due donne indomite, decise ad affrontare insieme il loro destino, complici e solidali nella loro azione drammatica, unite da uno scopo e, forse, anche da amicizia e affetto.

Cadere vittime dello stereotipo della donna che non è una vera amica perché è invidiosa delle altre donne che ha intorno (più belle, più magre, più ricche, più realizzate ecc.) è vivere secondo un punto di vista tipicamente maschilista che, purtroppo, non sono soltanto gli uomini a perpetuare, ma anche noi donne tutte le volte che “ci facciamo la guerra”. Cercare di cambiare prospettiva e scegliere di essere davvero “dalla parte delle donne” è il primo passo per innescare un cambiamento che ci porterà a essere più sicure, più determinate e più assertive; a sentirci maggiormente in controllo della nostra vita relazionale e sentimentale; a imporci, quando è necessario, in ambito professionale.

La solidarietà femminile passa dalle piccole cose e dai piccoli gesti quotidiani che diventano poi grandi gestì simbolici; va dal complimento sincero offerto all’amica o alla collega (per un abito ma anche per una promozione!), al supporto offerto per completare un lavoro importante o per passare un esame, al sostegno per una relazione naufragata o un’amicizia finita o per l’educazione dei figli, o, ancora, all’aiuto materiale per tirarsi fuori da una situazione difficile o potenzialmente pericolosa. Quando le donne supportano le donne viene inferto un colpo significativo all’egemonia maschilista che ancora domina la nostra società.

Cadere preda dell’invidia di un’altra donna perché ci sembra che ce l’abbia fatta laddove a noi sembra di aver fallito; perché ci sembra “più” di noi (più affascinante, più affermata, più brava, più colta ecc.) non ci aiuta a raggiungere i nostri obiettivi, ma ci limita e ci ostacola, rubando energie preziose che dovremmo incanalare, invece, nella nostra esistenza. Aprirsi all’altro, in questo caso all’alterità femminile, non può che portarci i benefici del sereno confronto e del supporto di altre donne, con il loro bagaglio di esperienza.

Quando le problematiche relazionali anche con esponenti del proprio sesso sono significative e ostacolano la possibilità di intrecciare rapporti soddisfacenti, può essere d’aiuto rivolgersi a un professionista.

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