Se l’amore è un incastro

… Lei viveva della sua luce riflessa, del resto, come avrebbe potuto essere altrimenti, dato che lui eccelleva in tutto e lei proprio no? Si sentiva molto fortunata ad avere un marito così eccezionale al suo fianco e spesso si chiedeva cosa lui avesse visto in lei per sceglierla tra tutte quelle che avrebbe potuto avere con uno schiocco delle dita. Però… però a sé stessa doveva ammettere di non essere felice di aver sposato un “dio”; anzi, doveva ammettere di sentirsi disperata. Silenziosamente disperata. Perché lui era perfetto e lei lo adorava, ma in cambio non riceveva che disprezzo, rimproveri e sguardi delusi. Per quanti sforzi lei facesse, lui sembrava non apprezzarli mai, niente era mai “abbastanza”. Lei ci provava continuamente a mostrarsi all’altezza delle sue aspettative, ci metteva impegno e determinazione, eppure falliva ogni volta. C’era sempre qualcosa che non aveva capito o che poteva essere eseguito meglio; qualcosa fuori posto. Insomma, niente era mai abbastanza. Lei non era abbastanza. Ed era disperata perché era profondamente infelice e terrorizzata all’idea che lui potesse lasciarla. Lui era tutto: il suo sole e il suo centro e l’abbandono non era un’opzione.

In un rapporto di coppia di tipo romantico entrano sempre in gioco tantissimi fattori che vanno poi a innescare determinate dinamiche relazionali che si autoalimentano, tra cui le parti più nascoste e spesso non completamente consapevoli, di ciascun partner, quali bisogni, paure, desideri.

Non tutte le persone adulte raggiungono, crescendo, una sufficiente stabilità emotiva, all’interno di una personalità ben sviluppata e strutturata e questo può comportare la permanenza di aspetti immaturi e disfunzionali nella sfera affettiva e relazionale. Seguendo Perrone (2014), il bambino può sperimentare precocemente profonde ferite emotive che influenzeranno la sua futura vita affettiva e intima. Affinché un individuo in via di sviluppo cresca formandosi una personalità sufficientemente matura, risulta necessario che le figure adulte significative che si occupano di lui (solitamente la madre e il padre) “riconoscano” i reali bisogni del bambino per ciò che davvero sono. È, quindi, necessario che il bambino possa essere visto, accettato e accolto per ciò che è e non come un “prolungamento” (Perrone, 2014) del sé della madre o del padre. Se il bambino fa l’esperienza ripetuta e prolungata di avere valore solo in quanto estensione del genitore e del suo sé, in quanto “oggetto” posseduto dal genitore, riproporrà questa dinamica anche nelle sue future relazioni romantiche e svilupperà un senso di sé molto fragile alla ricerca di conferme esterne nel perenne tentativo di rimarginare l’originaria “ferita narcisistica” subita dal caregiver principale (Perrone, 2014). Potere, controllo, svilimento dell’altro e ricerca/terrore della fusione con il partner saranno i meccanismi che terranno in piedi una storia d’amore in cui i due protagonisti non potranno che essere complementari per poter mantenere un equilibrio, per quanto disfunzionale e portatore di sofferenza. Avremo, quindi, due partner che saranno l’uno lo specchio dell’altro, in un incastro di coppia diabolicamente perfetto nella sua disfunzionalità. Seguendo ancora Perrone (2014), i due partner saranno entrambi narcisisti, ma con differenti caratteristiche:

  • Uno dei due partner sarà un narcisista di tipo overt: avrà un senso del sé grandioso (ma fragile) ed eserciterà il suo potere nella relazione tenendo il partner in posizione di sottomissione, sminuendone le risorse ed evidenziandone costantemente i limiti.
  • L’altro partner avrà tratti di narcisismo di tipo covert: si sentirà profondamente insicuro e ricercherà valore e apprezzamento vivendo della “luce riflessa” del suo partner brillante e apparentemente sicuro di sé, nell’intento di fornire di valore il proprio sé che non è stato adeguatamente riconosciuto durante la prima infanzia. 

“Carnefice” e “vittima” sono, perciò, perfettamente complementari in questo incastro di coppia: bisogna tener presente che, nonostante il narcisista overt appaia come molto sicuro di sé, arrogante, grandioso e altero, in realtà anche il suo sé non è ben sviluppato; è un “falso sé”, una maschera che indossa per manipolare e controllare gli altri allo scopo di dotarsi di un valore che in realtà non percepisce. Il partner covert, pur mostrandosi sottomesso e insicuro, in realtà nutre fantasie grandiose e una sorta di desiderio di rivincita per quanto gli è stato negato negli anni dell’infanzia, cioè il riconoscimento di qualità e tratti distintivi che gli appartengono. Entrambi, quindi, hanno scarsa considerazione di sé, sono profondamente fragili e nutrono sentimenti d’impotenza che agiscono in maniera diversa ma perfettamente complementare e “speculare”.

Questo tipo di “coppia narcisistica” (Perrone, 2014) può sperimentare elevata conflittualità, dipendenza e dinamiche passivo/aggressive che nascondono ferite infantili. L’abbandono e la rescissione del legame non sono contemplati, nonostante il dolore, pena il fallimento (intollerabile) e la mancanza di “rispecchiamento”, per quanto disfunzionale, del sé.

Uscire da queste dinamiche di coppia, per quanto difficile e complesso, è possibile tramite percorsi psicoterapici individuali, di coppia e di gruppo.

Per informazioni sui trattamenti che offro in ambito relazionale, potete contattarmi al mio indirizzo e-mail:

studio@barbaracalcinai.it 

Riferimento bibliografico:

Perrone, V., Psicopatologia delle relazioni di coppia: gli “incastri perfetti”, in «Mente e Cura», n. doppio 2013 – 2014, pp. 168-181.

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