Se le belle giornate provocano malessere

Sentiva addosso una specie di torpore che non era soltanto una sensazione fisica, ma anche emotiva e mentale. Una domenica buttata via, gli veniva da pensare. Fuori c’era il sole, un bel tepore che invogliava a fare passeggiate, uscire con gli amici, magari andare in un parco o a visitare un giardino e invece… niente. Si sentiva inquieta, insofferente e lenta. Di uscire non ne aveva voglia, ma anche in casa non sapeva cosa fare. E si sentiva in colpa per questo. L’autunno già faceva rosseggiare le foglie sugli alberi: quante giornate così radiose avrebbe ancora incontrato prima dell’arrivo dell’inverno? Fuori c’era il sole e lei restava tappata in casa a non saper cosa fare delle ore che trascorrevano agonizzanti. E domani, di nuovo, a lavorare… Una domenica sprecata.

L’estate volgeva al termine e gli sembrava che fosse trascorsa senza che lui fosse riuscito a portare a termine quasi niente di quanto si era prefisso prima delle ferie. Si era messo un sacco di obiettivi che erano rimasti lettera morta: niente corse mattutine, poche cene con gli amici, nessuna escursione impegnativa… Gli sembrava di non aver fatto altro che dormire e ciondolare un po’ qua e un po’ là. E lunedì ricominciava la solita routine.

Seguendo il senso comune, le giornate piene di sole e di luce fanno pensare alla gioia, all’estate, alle vacanze, a uno stato d’animo sereno, in breve. Del resto, l’estate viene non di rado considerata la stagione in cui si è più inclini a innamorarsi, la stagione in cui è più facile, sognare, fare nuove conoscenze e intrecciare nuove amicizie, in cui tutto è più colorato, più vivo e più divertente. Eppure, può capitare di provare malinconia e uno strisciante senso di irrequietezza durante le giornate di bel tempo, che si trasforma poi in senso di colpa per non essere riusciti a sfruttare appieno la bella giornata, di non averne goduto. Ansia e malinconia s’insinuano dentro di noi fino a renderci irritati per aver sprecato una buona occasione per stare all’aperto e per “fare”. Questo fenomeno, che sembra più presente tra i giovani che nelle altre fasce d’età, viene chiamato sunshine guilt, cioè “senso di colpa per la luce del sole”, il quale, se anche non è un vero e proprio disturbo, tuttavia, può provocare un certo disagio e la spiacevole sensazione di non essere “in controllo” di come desideriamo trascorrere il tempo libero. Il sunshine guilt si associa alla fear of missing out (F.O.M.O.), cioè, alla “paura di perdersi qualcosa”, ovvero a quella forma di ansia sociale per cui si ha il timore di rimanere tagliati fuori da qualcosa d’importante o di bello e, dunque, ci si sente ossessivamente spinti a controllare e ricontrollare il proprio cellulare (per messaggi, foto ecc.), a rimanere sempre connessi con i colleghi, con gli amici, con i familiari per non perdersi nessun evento rilevante ecc. Il sunshineguilt provoca nell’individuo un senso di colpa per non essere “produttivo” durante una giornata di sole che potrebbe essere proficuamente sfruttata per attività all’aria aperta. Quello che accade è che l’individuo si vergogna di non aver voglia di uscire e di godere della bella giornata, quasi di belle giornate in futuro non fosse più possibile goderne. Accentuatosi dopo il lockdown del 2020, in cui le possibilità di godere delle uscite all’aperto erano, effettivamente, estremamente rare, il fenomeno del sunshine guiltparla della nostra difficoltà a disconnetterci dal resto del mondo (virtuale), del nostro sentirci “bene” con noi stessi soltanto “producendo” e rimanendo sempre attivi, informati ecc. Parla anche della nostra lontananza da noi stessi e da ciò che veramente desideriamo, non soltanto fare, ma anche “essere”.

Perché ci sentiamo in colpa se non usciamo quando c’è il sole? Per rispondere a questa domanda personalmente dovremmo chiederci: “Che cosa ho davvero voglia di fare oggi?” e, prima di risponderci, dovremmo metterci in ascolto delle nostre sensazioni nel qui e ora.

Ogni risposta, purché sincera, va accettata e accolta: non aver voglia di uscire e di vedere persone è legittimo; volersi riposare dopo giorni di lavoro intenso è legittimo, così come è legittimo volersi “godere la casa”. Imparare a “disconnettersi” significa anche riappropriarsi delle proprie modalità di esistenza: uniche e irripetibili, come unico e irripetibile è ciascuno di noi.

Se la sensazione di irrequietezza e malinconia persiste, può essere opportuno rivolgersi a un professionista qualificato per intraprendere un percorso di riconnessione con il proprio mondo emotivo.

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